Questi segnali ti aiutano a capire se tuo figlio ha bisogno della psicoterapia
Alcuni segnali importanti del fatto che il tuo bambino potrebbe aver bisogno di una psicoterapia, e da dove iniziare.
La salute mentale dei bambini è un’emergenza di cui occorre parlare. I tentativi di suicidio dei giovani sono raddoppiati nell’ultimo decennio, e alcuni riguardano piccoli di soli 5 anni. Basti pensare che solo negli Stati Uniti, secondo le stime, a oltre 4 milioni di bimbi è stato diagnosticato il disturbo d’ansia e a quasi 2 milioni la depressione. Secondo gli esperti si tratta di un’epidemia nascosta. Nonostante la consapevolezza sul tema sia certamente aumentata, soltanto il 20% dei bambini con un disturbo di salute mentale diagnosticabile ottiene davvero l’aiuto di cui ha bisogno.
Per un genitore è difficile far fronte a tutto ciò. Tuttavia psichiatri e psicoterapeuti sono d’accordo sul fatto che esistano trattamenti, tra i quali la terapia e i farmaci, che possono fare una profonda differenza. La difficoltà sta nel comprendere se un bambino possa trarre beneficio da un aiuto esterno e poi capire come ottenerlo. Fortunatamente secondo gli esperti esistono dei segnali e dei comportamenti comuni da tenere d’occhio, così come alcune semplici norme per relazionarsi alla terapia. Ecco qualche consiglio per aiutare i genitori.
Per prima cosa, un promemoria: entro certi limiti, comportarsi male è normale
Certo, l’infanzia può essere meravigliosa. Ma anche molto, molto, difficile. I bambini stanno imparando a farsi strada nel mondo, superando gli ostacoli e cambiando ogni giorno.
“Tutti i bambini provano delle emozioni”, dice Alexandra Hamlet, psicologa clinica al Centro disturbi dell’umore presso l’Istituto per la mente del bambino (Chile). “Le emozioni non sono negative e quando ci sono delle difficoltà i bambini sono in grado di superarle. Per cui quando avvertono delle emozioni e sono in crisi non significa necessariamente che hanno bisogno della psicoterapia”.
I genitori dovrebbero sentirsi rassicurati nel sapere che gli scatti d’ira, di rabbia e anche semplicemente le giornate “no”, non sono solo tipici dell’età: sono previsti dal punto di vista dello sviluppo, specialmente nei più piccoli. Certo, possono essere sintomo di problemi di fondo, ma per molti costituiscono anche una sorta di rito di passaggio.
Ciò a cui bisogna prestare attenzione è la frequenza, la durata, la gravità e l’appropriatezza di questi comportamenti rispetto all’età del bambino
“Quasi tutti i bambini piccoli hanno degli scatti d’ira prima o poi”, ripete Steven Meyers, ricercatore e professore di psicologia presso la Roosevelt University e psicologo di Chicago. Ma bisogna fare attenzione a quanto durano gli scatti, quanto tendono a essere gravi e se il bambino continua ad averli anche una volta superata l’età in cui si possano considerare appropriati.
Il compito degli specialisti è raccogliere i feedback dei genitori e usare gli strumenti di valutazione clinica disponibili, come le scale di valutazione, per comprendere se il comportamento di un bambino sia effettivamente fuori dalla norma.
Se il bambino è arrivato a un punto in cui i problemi comportamentali (dai cambi d’umore agli scatti d’ira o ai problemi di concentrazione) gli impediscono di affrontare le giornate, o se essi interferiscono con lo svolgimento delle attività di un genitore, allora è un segnale da prendere in considerazione. Per esempio, è normale fare i capricci prima di andare a scuola, ma se il bambino ha crisi nervose quotidiane, durature e che fanno far tardi un genitore al lavoro, si tratta di un potenziale segnale del fatto che sta succedendo qualcosa di più serio.
″È quando le emozioni iniziano a essere ingestibili e hanno delle conseguenze sulle prestazioni del bambino o ne compromettono le funzionalità che arriva il momento di dirsi ‘Ok, cerchiamo di andare a fondo per capire di cosa si tratta’, consiglia Hamlet.
Prendi nota e confronta con gli amici
Anche se il mondo dei genitori è spesso intriso di spirito di competizione e giudizi severi, sia Meyers sia Hamlet ritengono che confrontarsi con amici o famigliari con bambini di età simile ai propri sia un modo efficace per iniziare a capire se il proprio figlio sia effettivamente in difficoltà. Tuttavia bisogna sempre ricordare che i bambini sono molto diversi tra loro: non si tratta dunque di fare paragoni quanto piuttosto di sfruttare la propria rete sociale per iniziare a stabilire alcune linee guida.
È inoltre molto efficace prendere appunti sui cambiamenti o gli schemi che si vedono emergere, in modo che quando ci si rivolge al pediatra si sia in grado di fornire esempi concreti, anziché limitarsi semplicemente a elencare l’episodio o il comportamento più recente che si riesce a ricordare.
Nei bambini l’ansia e la depressione non si manifestano necessariamente allo stesso modo
“I disturbi psicologici sono di due tipi”, spiega Meyers, sottolineando però come questa sia una distinzione approssimativa. “Quelli del primo tipo riguardano il comportamento, come il disturbo da deficit di attenzione o il disturbo oppositivo provocatorio. Di solito è semplice coglierne i sintomi, perché sono visibili e impattano sulle vite delle altre persone”.
“Il secondo tipo comprende i cosiddetti disturbi interiorizzati”, continua Meyers, “tra i quali l’ansia e la depressione, che possono essere più difficili da diagnosticare in quanto i loro sintomi si basano più che altro su pensieri e sentimenti alterati, piuttosto che su comportamenti irregolari”.
Per quanto non siano affatto esaustivi, alcuni segnali inaspettati di ansia nei bambini comprendono problemi di concentrazione, rifiuto e scatti d’ira: forse non esattamente quelli che i genitori credano essere i tratti caratteristici del comportamento ansioso. “È semplicemente il loro modo di reagire alle preoccupazioni”, spiega Hamlet.
Allo stesso modo, i segnali della depressione variano così sensibilmente che è difficile elencarne solo alcuni. I genitori dovrebbero prestare attenzione a episodi di irritabilità, scatti d’ira e cambiamenti nel modo di mangiare e dormire. Non bisogna aspettarsi necessariamente che la depressione si manifesti nel modo più ovvio, cioè con la tristezza.
Anche i segnali fisici possono essere importanti, soprattutto nei bambini che potrebbero non possedere le abilità verbali per esprimere ciò che sentono. “Quello che i genitori potrebbero notare maggiormente è che il bambino lamenta mal di testa o mal di pancia, poiché non è in grado di descrivere il malessere a parole e quindi probabilmente lo somatizza a livello fisico”, continua Hamlet.
Infine, mai ignorare ciò che sembra un’emergenza, come i casi in cui il bambino smette di mangiare, provoca episodi di autolesionismo o esprime pensieri o comportamenti suicidi. Si tratta di un’emergenza ed è necessario chiedere subito aiuto.
Prendi in considerazione la tua storia familiare
Anche se i problemi di salute mentale sono il risultato di un insieme complesso di fattori genetici e ambientali, è importante essere consapevoli della propria storia familiare, dice Hamlet.
“Bisogna tenere a mente eventuali precedenti in famiglia”, dice, poiché i disturbi mentali possono essere un tratto caratteristico della famiglia. La genetica non è certo un destino, ma semplicemente uno dei tanti fattori da tenere in considerazione.
Ricorda che porre delle domande va sempre bene
Se sei preoccupato per la salute mentale di tuo figlio dovresti assolutamente sentirti autorizzato a portarlo da un esperto e iniziare a parlarne. Se non sai come trovare uno specialista di salute mentale pediatrica, chiedere al pediatra può essere un ottimo punto di partenza. Anche gli insegnanti possono anche essere un buon punto di riferimento, dice Meyers.
Chiedere delle informazioni non significa necessariamente che il tuo bambino stia iniziando un lungo trattamento di salute mentale, anche se non ci sarebbe assolutamente nulla di sbagliato se lo facesse. Purtroppo capita che lo stigma nei confronti dei problemi di salute mentale impedisca ai genitori di chiedere aiuto.
“Per un genitore può essere difficile”, dice Hamlet. “A volte drammatizzano. A volte pensano ‘Beh, non voglio etichettare mio figlio. Non voglio che pensi di avere qualcosa che non va’. Ripetiamo, però, che cercare un’opinione esterna non significa necessariamente che il bambino inizierà una cura; è solo un modo di essere attenti e informarsi”.
Chiedi ai tuoi figli come si sentono, poi ascoltali
È importante parlare regolarmente delle condizioni emotive dei bambini, anche quando sono molto piccoli. Alcuni sono più comunicativi di altri, dice Meyers, ma se si stabilisce l’abitudine di parlare dei loro pensieri e sentimenti, potrebbe diventare più semplice convincerli a rivolgersi a un genitore quando sentono di essere in difficoltà. A quel punto la mamma o il papà saranno maggiormente in grado di guidarli verso un aiuto esterno in base alle necessità.
È fondamentale ascoltare senza passare subito alla quella che Meyers chiama la “modalità di intervento”. Il genitore non ha tutte le risposte e non può risolvere ogni problema.
″È dura rimanere concentrati ad ascoltare quando i bambini descrivono eventi dolorosi, vorremmo soltanto farli sentire meglio”, dice. “Ma a volte abbiamo troppa fretta”.
“Bisogna ascoltare. Fare domande per capire i dettagli”, aggiunge Meyers. “Chiedere al bambino come si sente e trasmettere comprensione e compassione, piuttosto che passare direttamente a cercare di risolvere il problema”
Fonte: https://www.huffingtonpost.it/entry/questi-segnali-ti-aiutano-a-capire-se-tuo-figlio-ha-bisogno-della-psicoterapia_it_5d5bc012e4b0f667ed6826d4?ref=fbph&ncid=fcbklnkithpmg00000001
Se pensi che tuo figlio/a stia attraversando un periodo difficile ed hai bisogno di confrontarti con un professionista per comprendere le origini del suo disagio puoi contattare la Dott.ssa Valentina Santopolo al numero 327 6134241. Riceve presso lo studio di Tiburtina in Via Olindo Malagodi 35 o in zona Trieste/Salario in Via Alessandria 91.